Articolo pubblicato su LA STAMPA edizione di ASTI
7 aprile 2023

MEDICINA COMPORTAMENTALE ANIMALE

LA CURA PER GLI ANIMALI SI NUTRE DI SCIENZA, AMORE, EMPATIA

La Pasqua mi fa scrivere di passione, della passione per la professione medica e di quella passione, intesa come sofferenza per una malattia, che trova il conforto e l’aiuto in medici – e veterinari – appassionati e consapevoli della sofferenza altrui e di quanto sia importante essere competenti e anche “simpatici” col paziente che si cura.

Per noi veterinari la simpatia si rivolge sia al proprietario dell’animale che all’animale stesso, quindi l’impegno emotivo diventa duplice.

Ho letto su La Stampa del 15 marzo due articoli, uno trattava della “disumanità” della sanità (cito le parole del titolo) e l’altro di come Concita De Gregorio abbia affrontato il dilemma se parlare o meno pubblicamente della sua malattia. Entrambi gli articoli avevano un punto in comune, che riguarda anche noi veterinari, ovvero l’elevata specializzazione della medicina con una sua progressiva disumanizzazione, e la richiesta, da parte dei malati, di tecnologia, per avere cure migliori, ma sempre con tanta umanità.

Il Professor Corbellini, afferma: “a metà degli anni ‘90 hanno capito che il principale fattore di insoddisfazione per i trattamenti sanitari era l’assenza di dialogo…” e prosegue”…come diceva già Galeno nell’antica Roma, direi che si tratta di instaurare un rapporto di simpatia…Molti studi dimostrano che quando c’è una buona relazione, migliora l’aderenza alle terapie e la stessa condizione del malato, per una sorta di effetto placebo”.

Sull’effetto placebo delle parole il massimo esperto è il professor Fabrizio Benedetti, scienziato torinese che ha scritto un libro dal titolo: “LA SPERANZA È UN FARMACO. Come le parole possono vincere la malattia.”

Io stesso con i miei pazienti, e con le persone che li accompagnano, mi sono accorto che spesso è così. Ci sono animali con patologie gravi, che soffrono, con esami ed indagini strumentali che certificano la situazione disperata, ma che si riprendono e lottano, circondati dall’amore e dalla determinazione dei famigliari umani e, a volte, anche dagli altri animali di famiglia che stanno loro vicino, e non li abbandonano per giorni.

Naturalmente le cure hanno un ruolo determinante, ma queste agiscono sul fisico, invece, allo spirito e alla volontà a lottare offre molto sostegno la vicinanza emotiva del contesto nel quale vivono. Anche animali con patologie comportamentali seguono questo processo di guarigione, perchè la ferita psichica non è meno destabilizzante di quella fisica.

La ferita è una lacerazione che consente di vedere dentro a un corpo, e per vedere non basta guardare, bisogna impegnarsi ad andare oltre il taglio, avere il coraggio di osservare qualcosa di sconosciuto. Per fare questo bisogna amare il proprio lavoro, gli esseri viventi feriti, provare empatia, e soprattutto simpatia e rispetto per la situazione in cui si trovano.

Concita De Gregorio, parlando del momento in cui ha deciso di comunicare al mondo di essere malata, afferma: “…io ho preferito aspettare che la parte più complicata fosse alle spalle per proteggere la mia famiglia… E poi avevo il desiderio di sentirmi dritta.” La giornalista che la intervista aggiunge a commento Non voleva uno sguardo di ritorno che le comunicasse comprensione, compassione, paura. Perché altrimenti non ci sarebbe stato più un minuto salvo nelle sue giornate.

Gli animali quando stanno male, soffrono, si chiudono in loro stessi, cercano l’affetto delle persone a loro care, ma cercano anche aiuto nelle cure. Cani o gatti aggressivi, che nella prima visita si ribellano, ringhiano, soffiano, graffiano, mordono, quando stanno  meglio, accogliendo l’aiuto del clinico che li cura e che comunica con loro con una carezza, con un tono di voce basso, con gesti lenti che trasmettono calma, sicurezza, fiducia e rispetto del loro dolore e della loro vulnerabilità, si trasformano, accettano le cure e il “prendersi cura”. Si lasciano manipolare e si sottopongono a terapie che richiedono iniezioni, e somministrazione di farmaci che bruciano senza ribellarsi.

Non voglio dire con questo che il veterinario diventa un piacevole compagno delle loro giornate, ma sicuramente diventa una persona “simpatica”, che può essere accettata.

Il sanitario dovrebbe sempre esercitarsi ad essere paziente, oltre che preparato e aggiornato, predisponendosi ad ascoltare il suo “paziente”, impegnandosi a capire oltre che la sua malattia, anche la sofferenza emotiva che la malattia stessa gli provoca.

E ancora Concita dichiara che per fare il suo lavoro ed andare a trovare il figlio ha dovuto rimandare la chemio: “… Sono andata dai medici  e ho detto: la chemio di sicuro mi fa bene, ma sono sicura che mi farà, non so se altrettanto bene ma di certo molto bene, vedere mio figlio. E quindi troviamo un compromesso tra la fede cieca nella medicina e quello che dice il cuore…”

E qui sta il pregio del medico veterinario che cura gli animali in tutti gli aspetti della malattia, il compromesso tra la fede cieca nella medicina e quello che dice il cuore. Gli animali, più delle persone, si lasciano curare, ma hanno bisogno anche di rimanere animali e questo è il grande sforzo che noi veterinari facciamo tutti i giorni.