L’EUTANASIA: ULTIMO ATTO TERAPEUTICO DEL MEDICO VETERINARIO PER IL BENESSERE DELL’ANIMALE

Obiettivi

Con questo articolo si vuole trattare del coinvolgimento emotivo del Medico Veterinario nel momento in cui prende coscienza che non si può più fare nulla, sino ad arrivare all’atto di portare la morte a un animale. L’attenzione è anche focalizzata sul ruolo importante che ha il Medico Veterinario in questo suo atto professionale, in quanto unico attore di questa tragica rappresentazione, con protagonista la morte, che può in qualche modo, con la sua sensibilità, il suo modo di approcciarsi, la capacità di sostenere il padrone, alleviare le sofferenze dell’animale e anche del suo proprietario.

Perché parlare di EUTANASIA nella società attuale, così impregnata di voglia di vivere, di divertirsi, si successo e di affermazione e, riferendoci al rapporto con gli animali, di convivenza felice e spensierata? Infatti, la vulgata comune descrive il rapporto con l’animale, a prescindere dalle connotazioni sociali che ha assunto, solo basato sul piacere, idealizzato, come se noi padroni vedessimo il lato bello, i giochi assieme, le passeggiate nei boschi e, ora che la società si è aperta e sensibilizzata verso gli animali domestici, le vacanze condivise. In realtà la vita con un animale non è questo, o meglio, non è solo questo, c’è qualcosa di più profondo, di più intimo che emerge, e si materializza in certi momenti e il pericolo di perdere un fedele amico, quale può essere il nostro cane, o il nostro gatto, ma anche il coniglietto o un uccello, è uno di questi momenti. L’idea della morte, e si perché parlare di eutanasia significa parlare di morte e di morte data, anche, se come vedremo solo ed esclusivamente per alleviare una sofferenza che non ha un futuro con la risoluzione della patologia che l’ha determinata, non sfiora i proprietari dei cani o dei gatti, quando questi sono felici e pieni di vita. E non c’è da stupirsi di questo, in generale l’uomo moderno rigetta l’idea della morte per se stesso, non solo perché a nessuno piace morire, ma perché è un argomento arduo da affrontare. La morte è conosciuta solo dall’esterno, nessuno è tornato indietro a raccontarci cosa succede quando si oltrepassa la linea di non ritorno, è difficile da rappresentare, sia la nostra che quella degli altri, figuriamoci quella dei nostri animali. Ma la sensibilità verso di questi è cambiata, solo quindici, venti anni fa l’eutanasia, infatti era vista e vissuta come un evento normale, che veniva richiesta o proposta ogni qualvolta il problema clinico diventava complesso o non vi era certezza sulla guarigione del soggetto. Oserei dire che a volte è stata anche una “soluzione” abusata e di comodo.  Oggi non è più così, l’eutanasia è un atto meditato e applicato solo ed esclusivamente in quelle situazioni in cui la malattia apporta troppa sofferenza a un animale, è un atto pietistico verso un essere vivente che non ha più possibilità di guarigione e che soffre molto. Questo deriva da una nuova visione del rapporto con gli animali, secondo Curtis il benessere animale dipende dalla seguente gerarchia dei bisogni:

  1. bisogni fisiologici: che sono facilmente interpretabili ed esaudibili;
  2. bisogno di sicurezza: un po’ meno comprensibili, ma direi che oggi, per quanto riguarda gli animali domestici, anch’essi ben corrisposti;
  3.  bisogni comportamentali: che sono più difficili da comprende, ma che cominciano ad essere capiti e corrisposti in modo sempre più consono alle esigenze del cane del gatto e anche dei nuovi pets; in questi rientra certamente il diritto a un trapasso dolce e con meno sofferenze possibili.

L’eutanasia è un tema, che, per il Medico Veterinario di oggi non può esaurirsi con il trattamento delle tecniche per dare una morte la più indolore possibile, cosa per altro importantissima, parlando di benessere animale, ma implica una serie di riflessioni che riguardano il proprietario, il medico veterinario, la sistemazione dell’animale defunto. Per questo, se la tecnica medica ci appartiene, la “tecnica psicologica”, cioè come preparare il proprietario alla morte del suo animale, come dargli la notizia, come sostenerlo nel momento dell’iniezione, come aiutarlo dopo richiedono una sensibilità e una preparazione che ha sempre bisogno di affinamento. Se è vero, come ha detto Voltaire, che “gli uomini sono gli unici esseri viventi i quali sanno che moriranno” è anche vero che i proprietari degli animali domestici non sempre si rendono conto che ogni terapia è inutile e non fa altro che allungare le pene del loro amato, è nostro compito prepararli, e in tempo a questo. Per questo, a mio avviso, è necessario in certe patologie essere sempre sinceri e comunicare in modo chiaro con i padroni sia la prognosi e sia il rischio di morire che il cane o il gatto, o qualunque animale abbiamo in cura corrono. Il momento in cui pratichiamo l’eutanasia, è momento carico di emozioni e di tristezza, che ci vede protagonisti attivi, sia come esecutori materiali, sia come uniche persone presenti e che possono dare un aiuto e trovare le parole giuste per il padrone. E poi il lutto, altro momento difficile che richiede sensibilità, disponibilità e anche coraggio da parte del Medico Veterinario per accompagnare il padrone in questo percorso.
Quindi, comprenderete quanto sia necessario mettere in campo sinergie diverse e trattare l’argomento sotto più prospettive, emozionale, relazionale, del conforto e sostegno al padrone, legislativo, farmacologico e del consenso informato. Perché anche del consenso informato, perché è uno strumento in più di chiarezza, è un mezzo per creare un’alleanza terapeutica con il padrone del cane o del gatto o del coniglio ecc.. Concludo con una serie di considerazioni prese da un libro che tratta dell’eutanasia umana della dottoressa Serena Foglia, sociologa e psicologa, che a mio avviso sono pertinenti anche al tema dell’eutanasia in veterinaria: “La cultura moderna che nega la morte ha abbracciato anche il mondo della medicina che molto spesso non riconosce i limiti dei trattamenti della malattia, non ascolta, non ha attenzione al dolore.
Questa cultura è entrata nella scienza soprattutto in quella parte della scienza medica chiamata clinica, cioè quella che si occupa dell’essere umano durante la vita. Il medico nella sua formazione non riceve nessuna nozione per ciò che riguarda il processo del morire [io aggiungo tantomeno il Medico Veterinario, al quale hanno sempre insegnato a considerare la morte degli animali come una cosa necessaria (gli animali da reddito passano dallo status di animale a quello di cibo) per la sopravvivenza degli uomini] e raggiunge la laurea avendo come sogno o obbiettivo il successo terapeutico, inoltre ha un concetto di sacralità della vita anche quando questa per il malato nella sua fase terminale è solo dolore e sofferenza…”
Questo concetto era già espresso da Bacone che parlando di eutanasia, diceva: “Viceversa i medici si fanno scrupolo di non intervenire più sul paziente quando hanno dichiarato inguaribile la malattia, mentre a mio modo di vedere non dovrebbero escludere nessuna possibilità e insieme dare l’assistenza atta a facilitare e rendere meno gravi le sofferenze e l’agonia della morte.”. Bacone quindi usa il termine di EUTANASIA secondo l’etimologia corretta cioè di morte buona, ed esorta i medici a non intervenire solamente con lo scopo di guarire, ma anche, quando ogni cura è inutile, ad alleviare le sofferenze, in modo che il trapasso sia più accettabile.
Ma come dice sempre la dottoressa Foglia: “…quello che è importante è modificare i comportamenti oggi presenti nella classe medica. Si tratta di insegnare già negli ultimi anni di università i concetti del processo del morire e le cure del termine della vita”, questo, a mio avviso, ci aiuterà anche ad affrontare meglio il momento nel quale dobbiamo eseguire l’iniezione fatale, ci solleverà un po’ l’animo dall’angoscia, e qui parlo per me, ma penso che molti di voi siate nella mia stessa condizione, che ci attanaglia quando dobbiamo decidere che non c’è più nulla da fare per un animale che conosciamo da anni e per il quale ci siamo prodigati, con il suo padrone, per dagli la miglior vita possibile; perché non dargli serenamente la miglior morte possibile?

bibliografia

  • Ariés P., Storia della morte in occidente, Milano, 2001.
  • Assmann J., La morte come tema culturale, Torino, 2002.
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  • Rauzi P. G. – Menna L., La morte medicalizzata, Bologna, 1993.
  • Comitato Bioetico per la Veterinaria, L’uccisione degli animali. Eutanasia, Torino 2002.
  • Comitato Bioetico per la Veterinaria, Le procedure per una decisone clinica e responsabile, Torino, 2000.

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Autore articolo:
Dott. Franco Fassola

Medico Veterinario.
Medico Veterinario Esperto in Comportamento Animale, inserito elenco FNOVI.
Medico Veterinario Esperto in Interventi Assistiti con gli Animali.
Counselor Sistemico-Relazionale.
Laureato in Medicina Veterinaria nel 1988 presso la Facoltà di Medicina Veterinaria di Torino, dal 2010 è inserito nell’Elenco FNOVI come Medico Veterinario Esperto in Comportamento Animale, nel 2013 ha conseguito il Master in Counseling Sistemico-Relazionale presso l’Università Pontificia Salesiana di Roma, dal 2019 è inserito negl’elenchi Nazionali I.A.A. del Ministero della Salute.

Estratto articolo presente su  Sisca Observer.
Anno 7, Numero 2, Dicembre 2003

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