CANI DA COMPAGNIA SI NASCE O SI DIVENTA?

Gli influssi genetici e gli adattamenti comportamentali

Il cane oggi condivide la vita con il suo proprietario in un rapporto simbiotico che sino a una trentina di anni fa non era immaginabile. Grazie alla capacità di adattamento a situazioni e ambienti diversi e alla socialità, il cane ha modellato il suo comportamento allo stile di vita urbano, caratterizzato da molti contatti con gli umani e meno con i conspecifici, assumendo sempre più il ruolo di sostegno emotivo per l’uomo.

Parola d’ordine collaborare

La domanda che poniamo (“cani da compagnia si nasce o si diventa?) è pertinente se si considera il cane come la versione rabbonita di quel predatore instancabile, che vive in un branco con regole rigide, con un capo che domina con la forza tutti i membri del suo branco, costringendoli ad assumere lo status di sottomessi. Per cui, immaginare un barboncino che si accovaccia in grembo a un anziano, o un labrador che gioca con un bambino a rincorrere una pallina, o un terranova che si diverte con un uomo a fare la lotta rotolandosi in un prato, potrebbe far pensare ad un adattamento del comportamento dei discendenti del Canis lupus ossia il cane domestico. In realtà, il lupo, come si andrà a spiegare, predilige la collaborazione, alla competizione, in questo c’era il germe per la nascita di un rapporto tra il cane di oggi e l’uomo.

Cosa dicono gli etologi

Gli studi condotti dagli etologi (D. Mech, F. Beach, J. Gallant) negli anni ’80 e ’90 nel secolo scorso hanno dimostrato che, allo stato brado, quando il territorio è ampio e la disponibilità di cibo è molta, prevalgono, tra i membri del branco di lupi, comportamenti collaborativi rispetto a quelli competitivi. Il branco non è altro che un gruppo famigliare composto da madre, padre e i cuccioli, che all’età di due tre anni scelgono o di rimanere con i genitori, solitamente le femmine, oppure di allontanarsi, i maschi.

Il ruolo dei leader

I maschi leader, ossia quelli che hanno il compito di educare i giovani del branco, intervengono con posture o vocalizzazione aggressive rivolte ai soggetti giovani con comportamenti indesiderati, per correggerli, evitando lo scontro fisico, anche quando avrebbero gioco facile con avversari più deboli. Il comportamento è ritualizzato, il maschio adulto assume una posizione alta, si gonfia ha un portamento rigido, emette dei ringhi ripetuti e se non è sufficiente per convincere il giovane intemperante gli dà dei morsi controllati, senza ferirlo, ma con lo scopo di indurlo a cambiare atteggiamento. Le lotte all’ultimo sangue sono rare e si osservano maggiormente in cattività, dove convivono molti soggetti in uno spazio ristretto, lupi che non appartengono alla stessa famiglia, che non hanno vincoli di parentela e quindi abituati a comportarsi in modo diverso, che devono conoscersi e, come si suole dire, annusarsi.

Una teoria da sfatare

Queste osservazioni mettono in dubbio la teoria ripetuta per anni, che per mantenere i cani sottomessi e quindi dipendenti dall’uomo, debbano essere dominati sin da cuccioli, con un’educazione basata su regole che esaltino il ruolo di duro dell’uomo, di dominante e faccia capire al cane di essere sottomesso, anche entrando in conflitto. La realtà non è questa. Carlo Colafranceschi nella sesta puntata di Appunti di Psicologia dedicata al Lupo afferma: “Credo non ci voglia un esperto di genetica, per intuire che se questa supposta dominanza (come è erroneamente intesa) fosse una caratteristica esclusivamente a carattere ereditario e da essa fosse dipeso il successo per qualificarsi al “grado” di riproduttore fin dalla comparsa del lupo sul pianeta, ai nostri giorni cani non dominanti non potrebbero esistere! Infatti il mio fondato sospetto è che rimanendo all’interno dei 18.000 anni testimoniati dai reperti archeologici se il sistema fosse stato quello del “il più forte vince” e gli altri soccombono senza subire aggiustamenti, oggi i canidi sarebbero molto probabilmente estinti.”

La realtà è un’altra

Il cane è invece un animale fondamentalmente collaborativo, che instaura una relazione con i membri del suo branco – altri cani, l’uomo, altri animali – basata sulla partecipazione e sulla cooperazione. Il cane vuole fare delle cose con noi, vuole condividere gli spazi domestici, ama passeggiare e giocare con l’uomo, esercitare le sue doti innate di cacciatore, di raccoglitore di oggetti, il suo fiuto nella ricerca dei tartufi, o di persone scomparse, o della droga, eccetera.

Vero amore

Il cane è anche un animale sociale che ama stare con l’uomo e apprendere da lui, per questo motivo ne cerca la compagnia, lo segue quando in casa si sposta da una camera all’altra, cerca di accompagnarlo durante le sue uscite e soffre se lasciato solo per molte ore del giorno. Il nostro amico a quattro zampe ci osserva e osserva quello che succede nell’ambiente in cui vive, apprende informazioni e le elabora per farsi una propria immagine della realtà, le immagazzina nel cervello e le usa quando gli tornano utili per affrontare situazioni note, o situazioni nuove: il cane apprende. Non essendo un automa, il cane costruisce, giorno per giorno la sua “carriera” di cane da compagnia – come l’uomo crescendo, impara a “fare l’uomo” – armato delle conoscenze innate, che hanno una base genetica, e di quelle apprese.

Un po’ si nasce, molto si apprende

Cane da compagnia, un po’ si nasce, ma molto si apprende, con l’aiuto dell’uomo che può aiutare e indirizzare le competenze del cane o può mortificare le sue potenzialità. Il cane quando riceve uno stimolo dall’ambiente esterno lo elabora, questo stimolo va ad accendere delle aree del cervello (set neurali) che inducono una risposta, ossia un comportamento adeguato, frutto dell’elaborazione delle informazioni acquisite dall’esterno, ma anche delle esperienze precedenti che il cane ha fatto. Più esperienze fa il cucciolo e poi il cane adulto, più grande è il bagaglio culturale del soggetto, maggiore è la sua dotazione di informazioni per gestire il mondo e le relazioni con gli altri esseri viventi, uomo compreso.

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Dott. Franco Fassola

Medico Veterinario.
Medico Veterinario Esperto in Comportamento Animale, inserito elenco FNOVI.
Medico Veterinario Esperto in Interventi Assistiti con gli Animali.
Counselor Sistemico-Relazionale.
Laureato in Medicina Veterinaria nel 1988 presso la Facoltà di Medicina Veterinaria di Torino, dal 2010 è inserito nell’Elenco FNOVI come Medico Veterinario Esperto in Comportamento Animale, nel 2013 ha conseguito il Master in Counseling Sistemico-Relazionale presso l’Università Pontificia Salesiana di Roma, dal 2019 è inserito negl’elenchi Nazionali I.A.A. del Ministero della Salute.


Estratto articolo presente sulla rivista mensile PetTrend.
Febbraio 2014  – Anno 3 n.1