La proprietaria che lascia il proprio cane libero di circolare senza museruola o guinzaglio, è responsabile dei danni causati dall’animale, coinvolto nella zuffa canina

Così ha stabilito la Corte di Cassazione civile con l’Ordinanza n. 21772, pubblicata il 29 agosto 2019 alla quale avevano fatto ricorso i parenti di un loro congiunto defunto a seguito di una caduta provocata da una “zuffa canina”.

Il Tribunale di Venezia e la Corte d’Appello veneta avevano rigettato la loro richiesta – presentata ai sensi dell’art. 2052 e/o 2043 c.c. – di ottenere il risarcimento dei danni subiti per la morte del loro congiunto avvenuta il 4 luglio del 2003, allorquando, durante una passeggiata con il cane di razza Siberian Husky al guinzaglio, in compagnia della moglie, si era imbattuto in una signora in bicicletta accompagnata a sua volta dal proprio cane, un meticcio di piccola taglia, senza guinzaglio né museruola.

Nella circostanza, il cagnolino si era avventato contro l’husky, e il suo proprietario, nel tentativo di mettere fine alla zuffa canina, era caduto battendo violentemente la testa e, rimasto incosciente, due giorni più tardi era deceduto presso l’ospedale in cui era stato ricoverato.

Gli eredi dell’uomo avevano citato in giudizio la padrona del meticcio, ma sia il Tribunale sia la Corte d’Appello veneziana avevano respinto la domanda accogliendo le difese della padrona del cagnolino che aveva sostenuto che la caduta del sig. D. era stata provocata da un incontrollato movimento, e che pertanto era da escludere il nesso di causalità tra il decesso dell’uomo e il comportamento del meticcio che aveva provocato lo scontro tra i cani.

Contro questa decisione gli eredi proponevano quindi ricorso per Cassazione che riconosceva fondate le loro ragioni, ritenendo che in realtà esisteva il nesso di causalità (o con causalità) tra la caduta del proprietario dell’Husky, caduta che aveva poi portato al suo decesso, e il comportamento tenuto dal meticcio di proprietà della signora.

La norma su cui la Suprema Corte di Cassazione ha fondato la propria decisione è l’art. 2052 del codice civile che dispone che la responsabilità prevista a carico del proprietario dell’animale in relazione ai danni cagionati dallo stesso, trova un limite solo nel caso fortuito, ossia nell’intervento di un fattore esterno nella concatenazione degli eventi, imprevedibile, inevitabile e assolutamente eccezionale.

La convenuta (la padrona del meticcio), per liberarsi da ogni responsabilità, avrebbe dovuto provare l’esistenza di un fattore estraneo alla sua sfera d’azione, idoneo ad interrompere detto nesso causale, non essendo sufficiente la prova di aver usato la comune diligenza nel custodire l’animale (Cass. 11570/09 e Cass. 9037/10).

La proprietaria invece non aveva impedito il comportamento dell’animale che, essendo senza guinzaglio, si era diretto contro l’Husky e successivamente aveva addentato la caviglia della moglie del defunto.

E in quel secondo momento il proprietario dell’husky aveva strattonato il proprio cane per sottrarlo alla zuffa col meticcio, era scivolato e caduto al suolo.

Questo comportamento, contrariamente al parere espresso dal Tribunale e dalla Corte d’Appello veneta, non può considerarsi una autonoma causa sopravvenuta rispetto al comportamento di aggressione posto in essere dal meticcio: la Suprema Corte ha infatti ritenuto che la condotta dell’husky e quella del suo proprietario (deceduto a seguito della caduta) erano state finalizzate a neutralizzare le conseguenze del comportamento del meticcio.

La caduta della vittima dopo avere “strattonato” il proprio cane è quindi da considerarsi strettamente e direttamente connessa col comportamento del meticcio che aveva causato la zuffa.

E poiché la morte dell’uomo è stata causata dalla “zuffa canina” che nel suo insieme spazio-temporale ha costituto un fattore causale dell’evento dannoso, andrà conseguentemente addebitata alla proprietaria del meticcio – secondo il principio posto dall’art. 2052 c.c. – la responsabilità dell’evento dannoso (la morte del proprietario dell’husky).

Va sottolineato che, secondo l’art. 2052 del codice civile, il comportamento che assume rilevanza causale è certamente quello dell’animale (la norma riferisce la condotta di “cagionare il danno” all’animale) e, pertanto, se sussiste il collegamento causale tra comportamento dell’animale e danno provocato, il danno cagionato dall’animale verrà imputato al proprietario o a chi se ne serve, sia che l’animale fosse sotto la sua custodia (come era per il meticcio della signora) sia che fosse sfuggito o smarrito: per sottrarsi all’imputazione della responsabilità, il proprietario dovrebbe fornire la prova del caso fortuito, ma tale prova nel caso esaminato non è stata fornita.

La conclusione è che la proprietaria del meticcio è stata ritenuta responsabile agli effetti dell’art. 2052 c.c., a titolo di custodia, dei danni subiti dai ricorrenti e le domande di risarcimento presentate sono state pienamente accolte.

avv. Maria Bagnadentro