Quando la riabilitazione diventa relazione

Ho il piacere di pubblicare questa riflessione sul ruolo e l’atteggiamento mentale dell’Istruttore Riabilitatore nel percorso riabilitativo nonchè su come le persone dovrebbero porsi nei confronti dei suoi simili e degli animali.

L’autrice è Nicole LorentiIstruttore Riabilitatore Sisca riconosciuto FicssEducatore cinofilo, Thinkdog riconosciuto Ficss, Tecnico Mobility Dog, Tecnico Buon Cittadino a 4 Zampe e Puppy expert operator.

“Ti voglio bene se fai la brava” : e così cresciamo con l’idea profonda di dover fare cose per l’altro per essere riconosciuti e apprezzati.” scrive il Dr. Oscar Travino, psicologo e psicoterapeuta.

E non solo: cresciamo con l’idea che per ottenere affetto dobbiamo compiacere le altre persone e, di rimando, proiettiamo questo insegnamento aspettandoci a nostra volta di essere compiaciuti, poiché l’amore non è qualcosa che si regala, ma piuttosto è qualcosa che si “compra” o che si “merita”.

La regola è molto semplice: comportarsi esattamente come gli altri si aspettano che ci comportiamo. Cresciamo imparando ad obbedire, a diventare dei buoni soldatini e allo stesso modo ne creiamo di nuovi a nostra immagine.

Tutto ciò non ha nulla a che fare con l’amore, ma è riconducibile ad una forma di controllo che viene inculcata in testa sin da bambini vendendola per “buona educazione”.

Le relazioni, però, non hanno radici nel controllo, nel potere, nella dominanza, nemmeno nelle interazioni tra specie differenti, come accade più frequentemente con il cane.

La tendenza è pensare che il cane sia “bene educato” se si mette seduto a comando, se obbedisce in fretta agli ordini, se fa la condotta al piede, se non si allontana da noi quando gli si concede la libertà al parco, se il suo comportamento non ci infastidisce e non ci arreca disturbo.

Eppure quanto vuoto, quanta assenza, quanta mancanza e quanti timori si possono celare dietro l’incapacità di iniziativa!

Non vi è amore e non vi è educazione.

La pedagogia dovrebbe servire a formare un individuo nel suo periodo di accrescimento e accompagnarlo per tutto il tempo che necessita sino a renderlo un adulto equilibrato e capace di pensiero, intenzioni e adattamento alle situazioni e alla vita.

La forma di controllo che spesso collima con forme di addestramento mirano a plasmare soggetti che non abbiano capacità di logica e pensiero o che le reprimano pur di appagare l’ego smisurato intrinseco nel genere umano.

La gestione della meticolosa obbedienza può funzionare, talvolta, a mantenere una buona qualità della nostra vita, ma denaturalizza il soggetto delle proprie competenze specie specifiche e della propria individualità, privandolo della capacità di comunicazione ed espressione. Si rende l’animale ridicolo paragonabile alla stregua di una marionetta poiché si è capaci di provare simpatia per chiunque non ci infastidisca troppo e perché si è capaci di accettare le relazioni che tuttavia non costano troppa fatica.

Così facendo si ridicolizza un cane che paga il prezzo dell’umiliazione esibendo un “Fai l’orsetto!” o un “Dai la zampa!” pur di avere in cambio un misero bocconcino, un gesto d’affetto o una carezza per il nostro mero divertimento.

Nella riabilitazione laddove il soggetto non è normocomportamentale e la capacità di obbedienza viene meno a causa dell’impossibilità dell’individuo di gestire la propria emotività siamo costretti a rivedere il nostro atteggiamento e la nostra comunicazione.

La riabilitazione diviene un punto d’incontro tra due specie differenti, un compromesso accettabile per entrambe le parti che consenta l’equilibrio al soggetto patologico ed al sistema famiglia. Solo a questo punto la patologia ha una reale possibilità di essere risanata, ossia quando ci si concede la possibilità di uscire dalla propria zona confort, quando ci si mette davvero in gioco in una relazione abbandonando ogni forma di controllo e lasciando l’altro libero di essere esattamente com’è, accettandolo nella propria individualità ed accompagnandolo al maggior livello di benessere.

La presa di consapevolezza dei limiti del cane dettati dalla patologia non preclude la possibilità di trovare soluzioni alternative che siano soddisfacenti per entrambi e che siano a metà strada tra il comportamento desiderato ed il comportamento ottenuto.

La riabilitazione diventa un processo di amalgamazione tra due specie differenti che si riscoprono e si danno la possibilità di comunicare, di collaborare e di trarre piacere dalla relazione mutando le attività terapeutiche in momenti di condivisione e di accompagnamento uno verso l’altro.

Il Medico Veterinario Esperto in Comportamento Animale (MVECA) e l’Istruttore Riabilitatore (IR) proporranno il progetto terapeutico sotto forma ludica al fine di agevolare l’apprendimento e offrire un valore aggiunto alla relazione rendendo il proprietario una forte base di sostegno.

L’approccio attraverso il gioco sarà utile anche nel sopperire alla mancanza o scarsità di emozioni positive offuscate dal disturbo del comportamento presente nel cane e diagnosticato dal MVECA.

Solo quando ci daremo la possibilità di abbandonare l’idea che per amare o apprezzare un animale costui debba necessariamente pagare il nostro amore esibendo comportamenti da spettacolo circense, allora avremo un cane realmente “educato” poiché avremo riconosciuto le sue competenze cognitive e offerto lui la capacità di adattabilità.

Nel costruire una relazione profonda basata sul rispetto e sulla fiducia, il cane che si troverà in difficoltà sarà felice di trovare in noi risposte e conforto.

Quanto detto non preclude la possibilità di insegnare al cane a stare seduto o a mettersi a terra su indicazione dell’uomo se queste lezioni sono impartite come valore aggiunto, ossia se dopo la pedagogia del cane si sceglie di dedicarsi anche all’insegnamento di alcuni comportamenti che possano essere utili all’interno della gestione.

Non vi è nulla di male ad utilizzare le regole e a farle rispettare, ma questa non può essere la chiave per la risoluzione delle patologie comportamentali che, al contrario, saremo pronti ad affrontare solo facendoci carico delle emozioni del nostro animale e della capacità di amarlo accettando che se vogliamo stare accanto ad un soggetto patologico la prima cosa che dobbiamo cambiare è noi stessi.

N.Lorenti

Istruttore Riabilitatore