Articolo pubblicato su LA STAMPA edizione di ASTI
19 maggio 2023

Se il mio cane si comporta in questo modo, è un problema o è una patologia comportamentale?

se il mio cane si comporta in questo modo, è un problema o è una patologia comportamentale?

Sempre più spesso mi viene posta la domanda: “se il mio cane si comporta in questo modo, è un problema o è una patologia comportamentale?”

La mia risposta è sempre la stessa: per stabilirlo è necessario fare una visita comportamentale, perché il comportamento che si discosta da quello che si ritiene la normalità è come un sintomo di un malessere fisico, deve essere indagato.
Se il cane o il gatto zoppica non ci si pone la domanda se sia un problema o un sintomo di una malattia, si porta l’animale dal veterinario per una visita, affinché sia il clinico a fare la diagnosi.

La stessa cosa si dovrebbe fare quando si presenta una manifestazione comportamentale.

Purtroppo spesso non ci si comporta in questo modo e si tende a minimizzare il ringhio o il morso del cucciolone, si pensa che crescendo passerà, oppure, se il gatto fa la pipì per casa ed è un maschio, lo si sterilizza. Si dà per scontato che i gatti maschi marchino il territorio e lo facciano solo perché si riferiscano alle femmine, senza porsi il problema se ci siano o meno, nelle vicinanze, delle gatte in calore.

Da questo atteggiamento consegue che il comportamento si ripete, l’animale si stressa sempre di più, e la situazione diventa insostenibile.

Come ho già detto, se il sintomo che si osserva fosse fisico, l’approccio sarebbe diverso, ci si recherebbe subito dal veterinario. Immaginiamo un animale con dissenteria che nonostante questo continua a mangiare, oppure un animale che si gratta, oppure che ha un’otite. In questi casi è naturale rivolgersi a un clinico per avere una diagnosi o quantomeno una terapia che attenui i sintomi, oppure fare indagini per scoprire se si tratta di una patologia e quanto sia grave.

Allo stesso modo anche i sintomi comportamentali dovrebbero essere indagati tempestivamente con lo scopo di arrivare a una diagnosi e a una terapia per curare l’animale. Sottolineo che un animale con una patologia comportamentale soffre e la sofferenza emotiva non è meno grave di quella fisica -in certi casi vanno di pari passo- e richiede una cura tempestiva, affinché non cronicizzi.

Comprendo, tuttavia, che è difficile muoversi nell’ambito della medicina comportamentale, essendo un ramo della clinica veterinaria molto recente, in Italia se ne parla e si studia da una trentina di anni.

Fatte queste premesse, potrebbe essere utile seguire alcuni semplici consigli.

Per prima cosa, quando un animale ha un comportamento diverso da quelli abituali o da quelli della maggior parte dei suoi simili, non porsi la domanda: potrebbe essere un “problema” oppure un segno di una patologia comportamentale…? Non spetta alla persona che vive con il cane, il gatto, il coniglio, il furetto, il cavallo, ecc, avere le competenze per capirlo e per affrontare la nuova situazione che si è creata nel gruppo sociale in cui vive il soggetto.

La figura competente è il medico veterinario, perché ha gli strumenti per escludere se è una patologia fisica che induca un comportamento, oppure una patologia comportamentale. Fatta questa prima diagnosi differenziale, il clinico indirizzerà il paziente, con le persone che vivono con lui, dal medico veterinario esperto in comportamento, che eseguita la visita arriverà a una diagnosi, definirà una prognosi, cioè la gravità della patologia, e darà una terapia. In pratica il veterinario “prenderà in carico” il paziente insieme al gruppo sociale che vive con l’animale e che è sempre coinvolto nelle patologie comportali e che in questo modo potrà aiutare l’animale e i membri del gruppo a cambiare per stare meglio.

Molto spesso il sintomo che viene portato dall’animale e dalle persone che lo accompagnano potrebbe essere non inquadrabile in una patologia comportamentale, ma la conseguenza di una situazione momentanea, oppure di una patologia organica, il dolore fisico può infatti manifestarsi con comportamenti aggressivi: ringhio, morso. Ma anche alcune patologia endocrine, del sistema nervoso, oppure le dermatiti, possono essere responsabili di uno stato ansioso secondario. Naturalmente è necessario curare la causa principale, ma se un malessere fisico convive con un malessere psichico , devono essere trattati entrambi.

Spesso i sintomi gastroenterici sono collegati a uno stato ansioso, e in questo caso è la malattia della psiche che va trattata, ma contemporaneamente si aiuta l’animale con terapie sintomatiche per la diarrea e il vomito o l’anoressia.

È noto che le cistiti hanno, tra le cause, anche l’ansia: in particolare nei gatti che vivono in casa con un ambiente povero di stimoli.

Per concludere un soggetto che ringhia, che graffia, che urina in casa, che si nasconde quando arriva un ospite, o che non vuole uscire in strada, perché ha paura, così come il cane iperattivo, sempre in movimento, che non si quieta mai, oppure l’animale che si lecca in modo insistente, si strappa il pelo o si traumatizza, devono essere subito visitati da un veterinario, come per un qualsiasi sintomo di una patologia organica.

Curare il male della mente migliora la vita del soggetto, del gruppo famigliare e anche del veterinario che lo ha in cura e può prevenire certe patologie organiche.