Articolo pubblicato su LA STAMPA edizione di ASTI
3 novembre 2022

L’EDUCAZIONE DEL CANE & GATTO

CANI E GATTI CONTESI COME FIGLI, L’AFFIDAMENTO ENTRA IN TRIBUNALE

Cani e gatti contesi come figli, l’affidamento entra in tribunale

Abbiamo assistito in questi ultimi decenni ad un cambiamento di passo nelle dinamiche di relazione  tra persone e animali, e questo ha avuto risonanze importanti: nel 2004 la legge n.189 ha modificato alcuni articoli del codice penale che sanzionavano  condotte posto in essere a danno degli animali, nel 2010 è stata ratificata la Convenzione europea per la protezione degli animali da compagnia, firmata a Strasburgo il 13 novembre 1987, dove si considera l’animale come un essere senziente, con tutte le conseguenze che questo comporta.  Ed  è stato approvato lo scorso 8 febbraio 2022 dalla Camera un disegno di legge che modifica gli articoli 9 e 41 della Costituzione italiana introducendo tra i compiti dello Stato anche quello della tutela degli animali.

E se l’animale domestico è diventato elemento centrale anche nell’equilibrio emotivo della famiglia, va da sé che in caso di conflitto si pongano molte e diverse questioni sulla sorte dell’animale da compagnia e non è raro che vengano svolte domande di tutela ai Tribunali per ottenere una pronuncia di affidamento, e questo sovente a prescindere dalla proprietà formale, con la richiesta, talvolta di regolamentarne la gestione anche sotto il profilo economico.

Ma non essendo questa materia normata in alcun modo, non c’è unanimità tra tribunali e molto frequentemente, nelle cause di separazione e divorzio, i coniugi stessi possono fare accordi e trovare la soluzione più adatta, chiedendo che il Tribunale omologhi la separazione validando così anche gli accordi relativi alla gestione dei pets di famiglia.

Una storica sentenza è quella pronunciata il 13 marzo 2013 dalla nona sezione civile del tribunale di Varese che, confermando come gli animali debbano essere considerati esseri senzienti e non oggetti, nel corso di una separazione giudiziale tra due coniugi ha recepito l’accordo fatto tra gli ex di lasciare i gatti di famiglia presso la casa della donna, dove vive anche la figlia minore, ripartendo al 50% tra i coniugi le spese per il loro sostentamento e la loro cura, proprio come accade per i figli minori.

La peculiarità della vicenda sta nel fatto che l’animale domestico ha acquistato per la prima volta il rango di elemento centrale nelle dinamiche famigliari, in relazione ai legami affettivi che si sono venuti a creare nel tempo con i componenti della famiglia.  Non più un mero oggetto da dividere tra i separandi, come accade per pentole e mobili, ma un componente della famiglia vero e proprio, con delle esigenze e delle preferenze proprie.

Le decisioni dei Tribunali non sono però univoche, stante il vuoto legislativo sul punto, talvolta le richieste di provvedimenti sulla gestione dell’animale non vengono tenute in considerazione e respinte in quanto  estranee al tema trattato (nel 2015 il Tribunale di Milano ha dichiarato inammissibile la domanda dell’ex convivente in mancanza di una specifica normativa perché non si può assimilare il trattamento degli animali a quello dei figli) mentre altre volte, come nel caso di una decisione del Tribunale di Sciacca, è stata accolta la domanda di affidamento e gestione anche economica dell’animale che è stato assegnato in via esclusiva al coniuge più idoneo a far fronte alle esigenze dell’animale a prescindere dal titolo di proprietà ( di opinione contraria il Tribunale di Teramo, sentenza confermata dalla Corte d’Appello dell’Aquila, ha ritenuto che prevalesse la proprietà formale).

Rilevante è osservare come il termine utilizzato nelle decisioni dei Tribunali è comunque sempre “assegnazione” (dell’animale), termine che lo identifica come una cosa, pur venendo tutelato come un essere senziente: rimane infatti ferma la terminologia legata alla res

In concreto, nei casi di domande relative all’affidamento di un animale, la normativa applicata è quella più vicina a quella dell’affidamento dei figli, ma nonostante la progressiva crescita di tutela, la giurisprudenza non è uniforme essendo molto fragile la base giuridica: l’animale è stato recepito dal nostro ordinamento e da quello internazionale come essere senziente, ma non lo si può parificare ai figli minori

Gli scenari che possono interpellare “i giuristi” sono comunque molteplici…. Per esempio in caso di malattia del cane o del gatto “assegnato” a uno degli ex coniugi, potrà essere contestata una qualche responsabilità all’affidatario? E in caso di morte del proprietario dell’animale, chi avrà diritto all’assegnazione dell’animale? L’eventuale convivente o agli eredi?

Insomma, la casistica è molto ampia…

Concludo sottolineando che principio consolidato in giurisprudenza è che l’obbligo di cura è a carico del proprietario e che non rientrando l’animale nella categoria dei “beni mobili registrati”, per l’individuazione del proprietario dell’animale, sulle indicazioni del microchip (che vale solo come indizio) prevalgono o l’accordo delle parti (per esempio, in caso di separazione) o il contratto di compravendita che sia stato formalizzato.