Articolo pubblicato su LA STAMPA edizione di ASTI
2 settembre 2022

L’EDUCAZIONE DEL CANE

IL CANE, ANIMALE INTELLIGENTE E SENSIBILE

Il cane animale intelligente e sensibile

Questo articolo nasce da due sollecitazioni diverse: la prima è un libro stupendo, “Lezione di chimica”, scritto da Bonnie Garmus, che ha come coprotagonista un cane, dal nome Seiemezzo, che alla fine del storia, a detta della figlia della protagonista – una bimbetta che a tre anni sapeva leggere e a sei leggeva libri che non ho ancora letto io a sessanta- conosce più di 900 parole. La seconda sollecitazione viene da una domanda che mi è stata posta: perché il mio cane scava buche in giardino? Per rispondere a tale quesito è necessaria una visita comportamentale per raccogliere più dati, perché scavare è sintomo di un disagio che richiede una indagine più approfondita. Tuttavia vorrei offrire una interpretazione di questo comportamento riferendomi all’intelligenza degli animali e per farlo mi faccio aiutare dalla storia del libro che ho citato.

La protagonista è una chimica, che tra gli anni ‘50 e ‘60 cerca di svolgere la sua professione in una America maschilista, lei che ha una figlia, ma non un marito, e un cane. Il cane è un animale riformato dall’esercito perché non era in grado di cercare gli esplosivi e quindi era stato abbandonato sulla strada, e che una volta trattato come un essere vivente a cui la natura ha dato -come a tutti gli animali, umani e non umani- un cervello e quindi capace di elaborare un pensiero, di avere emozioni e di essere empatici, è diventato un compagno e un membro importante e fondamentale per la vita della sua famiglia.

Seiemezzo, infatti, non solo conosceva tante parole, ma andava a prendere la bimba a scuola e la riportava a casa ed aiutava Elizabeth, la protagonista, nel laboratorio chimico che si era costruita nella sua abitazione.

Spesso i narratori spiegano in modo più semplice ed immediato quello che gli scienziati dimostrano con anni di studio e narrano storie che ci inducono ad osservare il mondo non solo con l’occhio della razionalità, bensì con quello dell’emotività.

Vi racconto anche un’altra storia: un mio paziente (cane), diventato cieco, ha imparato a salire le scale seguendo le indicazioni verbali dei famigliari che vivono con lui. Nella casa in cui vive c’è una rampa con cinque gradini e quando il cane ci si trova davanti, la persona gli dice “uno” e lui sale il primo scalino, “due” e sale il secondo, “tre” e cosi via sino al quinto. Si potrebbe obiettare che lo ha imparato a forza di farlo e che lo farebbe anche senza le indicazioni della persona… Ma per accedere al mio ambulatorio c’è un gradino e per salirci il cane aspetta l’indicazione “uno”, quindi sale e poi si incammina soltanto dopo l’indicazione “andiamo”. Questo presuppone che il mio paziente faccia un ragionamento, ossia che le scale non sono tutte uguali, che il numero degli scalini non è sempre di cinque ma può variare, e che i termini uno, due, tre, quattro, cinque hanno un significato diverso. Inoltre conosce, destra e sinistra, avanti, su e giù, poche parole, ma che denotano un processo cognitivo.

Una ricerca della Dalhousie University, in Canada, pubblicata sulla rivista Applied Animal Behaviour Science, ha stabilito che un cane risponde a un numero di parole tra le 15 e le 215, la media è di 89 termini.

Gli studi sul cervello hanno inoltre stabilito come certi comportamenti siano prima il frutto di un ragionamento che richiede il coinvolgimento di una parte del cervello e che in un secondo momento diventano automatici, sempre grazie ad altre parti del cervello.

Nel cervello, a livello del lobo frontale, ci sono la corteccia motoria e quella premotoria dove viene programmato il movimento, ma per fare questo l’animale deve sapere come è collocato nello spazio, il perché del movimento, ovvero l’obiettivo che vuole raggiungere con quel movimento. Nella zona sottostante la corteccia motoria si dipartono i fasci piramidali ed extrapiramidali: questi ultimi attivano i movimenti che sono automatici, fatti cioè senza pensarci, e questo non vuol dire che siano involontari, ma che una volta che un movimento è stato appreso viene ripetuto senza la necessità di farci sopra grossi ragionamenti. Ad esempio i cani che fanno agility compiono salti, virano in spazi strettissimi, entrano dentro un tunnel, a gran velocità, tutti movimenti che hanno appreso con l’addestramento e che ripetono in gara, automaticamente, grazie al funzionamento di queste parti del cervello. Questi movimenti una volta appresi, vengono fatti in modo rapido e apparentemente automatico, ma sottostanno a dei processi mentali che vedono la collaborazione delle vie extrapiramidali, cervelletto e gangli della base, quindi di una parte del cervello. Se però succede un evento improvviso (ad esempio cade un ostacolo nel percorso), il cane è in grado di mettere in atto un comportamento diverso, frutto non più di un automatismo ma di una rielaborazione di una informazione.

Un altro aspetto importante del comportamento degli animali umani e non umani è l’empatia, ovvero la capacità di riconoscere situazioni o emozioni che si vedono vivere da altri, senza perdere la coscienza di sé, con la consapevolezza che quello che sto osservando, l’emozione che sento, non è mia ma mi coinvolge talmente da desiderare di fare qualcosa per l’altro, in modo costruttivo.

Alla base di questo comportamento ci sono i neuroni a specchio. Gli esperimenti fatti – in particolare da scienziati italiani dell’Università di Parma – sulle scimmie hanno evidenziato che quando l’animale prende in mano una nocciolina, nel cervello si attiva una cellula, ma la stessa cellula si attiva quando la scimmia vede lo sperimentatore prendere in mano la nocciolina, ovvero la stessa cellula si attiva quando la stessa azione che l’animale aveva fatto in precedenza, la fa una persona. Le medesime aree del cervello si attivano anche quando la persona o l’animale pensano di fare un movimento che conoscono: in pratica, ci si fa una rappresentazione interna di quello che succede e io capisco quello che l’altro sta facendo perché so cosa significa, ho una rappresentazione reale e concreta di quello che fa, perché la stessa area cerebrale è coinvolta sia quando faccio quell’azione sia quando la vedo fare. E’ l’empatia che ha permesso alla nostra specie di sopravvivere e di creare delle reti sociali e di aiuto.

Torniamo a Seiemezzo…. Il nostro cane ha imparato molto perché tante cose gli sono state insegnate, altre le ha apprese osservando quello che gli succedeva attorno, altre provando emozioni che lo hanno indotto a mettere in atto un comportamento volto ad aiutare i membri della sua famiglia.

Questo è quello che fanno gli animali: imparano. Se un cane vede le persone fare buche per piantare delle piante in giardino, ne imita il comportamento e quando è da solo può ripeterlo perché si è divertito con un membro della famiglia e ricerca il piacere provato. Con il tempo diventa un comportamento automatico, che lo rilassa e le buche aumentano.

Questa potrebbe essere una spiegazione e in questo caso non serve sgridarlo o arrabbiarsi quando il giardino viene devastato dalla sua attività: è invece necessario capire quale potrebbe essere la causa ed aiutarlo.

Ho proposto qui una interpretazione di una manifestazione comportamentale, ma potrebbero essercene delle altre; ho voluto prendere questi due spunti per sottolineare quanto il comportamento degli animali sia frutto di un processo cognitivo e che richiede un approfondimento quando si discosta da quello che è la routine abituale perché potrebbe essere l’espressione di un disagio comportamentale.

CONSIGLIO

Ho voluto prendere lo spunto dal libro che ha come protagonista il cane Seimezzo  per sottolineare quanto il comportamento degli animali sia frutto di un processo cognitivo e che richiede un approfondimento quando si discosta da quello che è la routine abituale perché potrebbe essere l’espressione di un disagio comportamentale.

Ma ci possono essere molti altri motivi per scavare delle buche, in estate il caldo è un buon motivo per il cane per cercare un po’ di refrigerio dentro una buca, oppure potrebbe inseguire un odore e quindi scavare per cercare la causa di questo.

Se il cane viene lasciato per molte ore da solo, lo scavare buche è un modo per riempire la giornata e per attivare la mente. Il nostro amico a quattro zampe si abitua all’assenza delle persone che vivono con lui – anche se ricordo che essendo un animale sociale ama e ha bisogno di stare in gruppo- ma per tempi brevi e soprattutto seguendo una routine, per esempio sopporta la lontananza di un compagno durante la mattinata, ma non in altri momenti della giornata.

Scavare potrebbe essere un comportamento che si riscontra nel cane anziano con la Sindrome da Disfunzione cognitiva del cane anziano, una patologia simile all’Alzhemer dell’uomo.

Anche il cane iperattivo, ovvero quello che è sempre in movimento ha tra le sue attività lo scavare buche, serve a rilassarlo e a occupare il tempo perché non può stare fermo, infatti rosicchia, distrugge, corre e scava.

Si evince che molti possono essere i motivi per cui un cane scava delle buche, posso essere organici o comportamentali. La visita  da un veterinario che possa fare un prima diagnosi ed eventualmente da un  veterinario esperto in comportamento animale serve a fornire i consigli utili, pillole di strategie comunicative   su come interagire con il proprio amico scavatore a quattro zampe e, se viene riscontrata una patologia a impostare una terapia comportamentale.